Scusi, perchè ha scritto di me?

Per lavoro e diletto scrivo in alcuni blog. In uno di questi, un giorno, decido di segnalare un’esperienza molto interessante che ha per interprete un professionista. Ritengo, infatti, che le buone pratiche vadano diffuse e, quindi, felice di averne trovata una, la racconto offrendo, di fatto, al  protagonista, un feedback positivo del suo lavoro.  Per prassi,  quando faccio questo tipo di segnalazioni, scelgo sempre di avvisare del post ( ove possible) il diretto interessato o, se il tema lo permette ed il professionista è disponibile, ci faccio  pure una chiacchierata, per conoscerlo di più e, magari, aggiungere qualche dettaglio al materiale che sto scrivendo.

Ebbene, in questo caso, procedo con la sola mail. Ad un certo punto della giornata, ricevo una telefonata: ” Sono Xy.. lei mi ha mandato una mail  su un suo post.. ” Sì,” rispondo (e -lo ammetto-mi aspetto che dall’altra parte il mio interlocutore mi ringrazi o, almeno, mi faccia un segno di assenso).. ” Ma scusi… -mi dice- perchè ha scritto di me?” Come perchè? Avrebbe dovuto chiamarmi, prima di scrivere…. Insomma, la conversazione prende una piega un pò diversa da quello che pensavo.. Il professionista si lamenta di non essere stato interpellato. Io mi altero un pò..Forse non ha capito che, sopratutto sul web, non ci sono vincoli nella scrittura e ognuno, assumendosene la responsabilità, può scrivere di me e di voi come crede. Poi ci  spieghiamo, facciamo qualche riflessione insieme sul valore della comunicazione  e sul tema del mio post e , alla fine, ci salutiamo amabilmente…  Il caso, nato da storia vissuta, però, mi porta a riflettere.

Nel mondo libero professionale il rapporto con i mezzi di informazione (stampa e web in generale) è un pò strabico. Da un lato, molti studi  ritengono che la loro presenza sui media sia importante e la cercano  in maniera, a volte, spasmodica, dall’altro, quando se ne parla (e nel mio caso, vi assicuro, in modo totalmente positivo) si entra nel panico perchè non si sa come reagire  o, peggio, si reagisce usando quelle che sono regole ormai desuete, nei nuovi media, pensando di poter controllare i contenuti . Insomma, non è facile trovare una strada coerente per chi vuole strutturare la  propria comunicazione e  vuole destreggiarsi tra il desiderio di esserci e il timore di essere citato. Pensate solo alle possibili conseguenze  di post con giudizi assolutamente negativi sulla nostra attività. Cosa fare, allora? Io penso che questa attività richieda  una competenza ed esperienza particolare  che ancora non fa parte del bagaglio  della maggior parte del mondo libero professionale.  Meglio, dunque, rivolgersi a chi, nel mercato, già offre questi servizi in  termini di consulenza. Sprecheremo meno tempo ottenendo maggiori risultati. Ma questa è un’altra storia e un altro post.

Roberta Zarpellon

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