Vietata la pubblicità sul web agli avvocati

Social media vietati per gli avvocati È passata quasi sotto silenzio la modifica al Codice Deontologico Forense, entrato in vigore lo scorso 15 dicembre, che vieta agli avvocati di fare promozione e pubblicità in internet. La norma che ci interessa è contenuta nell’art. 35 “Dovere di corretta informazione” ai commi 9 e 10 che recitano:

9.  L’avvocato può utilizzare, a fini informativi, esclusivamente i siti web con domini propri senza reindirizzamento, direttamente riconducibili a sé, allo studio legale associato o alla società di avvocati alla quale partecipi, previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza della forma e del contenuto del sito stesso.
10. L’avvocato è responsabile del contenuto e della sicurezza del proprio sito, che non può contenere riferimenti commerciali o pubblicitari sia mediante l’indicazione diretta che mediante strumenti di collegamento interni o esterni al sito.

Il peso di queste disposizioni ha riflessi molto limitanti e coercitivi circa la presenza dell’avvocato sul web. Cominciando dal comma 9 risulta chiaro che tutti gli avvocati che hanno realizzato il loro sito su una piattaforma gratuita, come ad esempio WordPress, potrebbero automaticamente essere considerati fuorilegge, dato che siti di questo tipo non possono considerarsi “propri”, tuttavia esiste un margine interpretativo poiché nulla viene detto riguardo al livello. A d esempio il sito “www.avvocatorossi.it” è un sito di primo livello, mentre “www.avvocatorossi.wordpress.com” è un sito di secondo livello al quale si accede senza reindirizzamento.

Tutto è decisamente molto più chiaro e stringente se si prende in esame la presenza di un avvocato (come professionista e non come privato cittadino) su un social network; in questo caso è tassativamente vietato, perché tale presenza è configurabile, senza ombra di dubbio, quale pubblicità. Anche se all’interno del profilo Facebook, Twitter, Linkedin e altri, non vi fosse il link diretto al sito dello studio dell’avvocato, è chiaro che la sola presenza rappresenta di per sé comunicazione pubblicitaria sul web.
La presenza su Facebook di avvocati con profili pubblici e non, è molto numerosa. Ci sono avvocati che hanno fatto un mix professionale e privato sul loro profilo, e chi invece, avendo attivato la funzione “profilo pubblico” lo ha fatto proprio per farsi pubblicità.
Alcuni hanno cercato di ovviare al divieto sostituendo il proprio nome e cognome con la denominazione dell’area legale che vogliono promuovere, ma hanno pubblicato il link al sito dello studio, quindi sono fuorilegge anche loro

La presenza volontaria sul web, oltre al sito proprio dello studio legale, può essere controllata rimuovendo tutte le presenze su portali ed aggregatori ai quali ci si è iscritti con il preciso scopo di promuovere, a titolo oneroso o gratuito, l’attività dello studio.
Rimane però un grosso problema per chi vuole applicare le norme del CDF: che fare con la serie infinita di elenchi online, portali e aggregatori di vario genere che pubblicano nel web nomi, indirizzi, geolocalizzazione, siti web, email, senza aver chiesto alcun consenso?
Ci vorranno molte ore di lavoro per rintracciare tutte queste presenze e inoltrare richiesta formale di cancellazione, e non è detto di riuscirci.

Fin qui le considerazioni normative e pratiche, ma colpisce il fatto che nel CDF il divieto di pubblicità sia limitato esclusivamente al web, o meglio: perché al web?
Poiché le  altre forme di pubblicità non sono vietate, sia quelle tradizionali che quelle meno consuete come la pubblicità sugli autobus, risulta incomprensibile vietare l’utilizzo dello strumento principe della comunicazione pubblicitaria: il web.

Sono convinta che gli avvocati conoscano il CDF, ma che abbiano deciso consapevolmente di non adeguarsi, perché altrimenti non si spiegherebbero le decine di messaggi pubblicitari di Google Adwords che continuano ad essere presenti (per verificare basta cercare su Google “consulenza legale”).
Penso invece che in molti stiano portando avanti istanze perché proprio in questo momento, in cui tutti i professionisti hanno visto cali di lavoro, sia possibile utilizzare uno strumento per farsi conoscere che è di facile utilizzo ed economicamente alla portata di tutti.

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